Si svolgerà oggi in tribunale a Reggio la convalida del fermo di Mirko Genco, il 24enne reo confesso dell’omicidio di Jana Cecilia, la 34enne madre di un bimbo di 2 anni uccisa tra venerdì e sabato a Reggio. Genco, al momento fermato per omicidio, potrebbe essere accusato anche di violenza sessuale: è stato infatti lui stesso, nel corso dell’interrogatorio, ad aver dichiarato di aver avuto con Cecilia un rapporto sessuale consenziente nel parco. Poi, dopo essersi ricomposti, sarebbe iniziata la lite. Solo l’autopsia potrà chiarire che cosa sia realmente avvenuto.
Quello che lascia senza parole è come lo stato non sia riuscito a proteggere Cecilia nonostante avesse già denunciato Genco, poi condannato per stalking e molestie nei suoi confronti: c’è forse qualcosa che non funziona nel Codice Rosso a tutela delle donne vittime di violenza? Chiara Tassi lo ha chiesto all’avvocato penalista modenese Cosimo Zaccaria:
“La normativa esiste, anzi ritengo che anche recentemente vi sia stata un’implementazione del codice: addirittura adesso vi è la punibilità anche per la forma tentata dei reati tipici come il maltrattamento, lo stalking o le ipotesi di lesioni aggravate, il che significa anticipare ancora di più la soglia di punibilità. Addirittura è previsto l’arresto in caso vi sia l’infrazione del divieto di avvicinamento o dell’obbligo di allontanamento. Credo purtroppo che si tratti di un problema più sociale, sono effetti significativi che riguardano il triste periodo che stiamo vivendo. Poi forse, ma questo è una mera ipotesi, ancora deve entrare a pieno regime l’applicazione di questo sistema”.
Non potrebbe trattarsi anche di un problema di controlli di misure? Ad es. molte volte le donne che denunciano e che riescono ad ottenere determinati provvedimenti nei confronti di questi uomini violenti, vengono poi avvicinate da queste persone senza che nessuno possa impedirlo…
Effettivamente è un rischio che è insito nel tipo di misura: il divieto di avvicinamento, come l’obbligo di allontanamento, spesso si basano su una valutazione dove le fiducia la fa da padrone, perché non c’è un controllo costante ad opera delle forze dell’ordine.
D’altro canto l’applicazione di misure ancora più restrittive potrebbe portare ad uno sbilanciamento rispetto a situazioni non particolarmente gravi: statisticamente, per fortuna, sono ridotti i casi che portano ad eventi ferali come quelli recenti.
Secondo lei ci sono margini di miglioramento nella normativa?
Secondo me, ed è un’idea nata all’interno di un convegno cui ho partecipato ultimamente organizzato da Polizia e Carabinieri, bisognerebbe aumentare l’organico, preparare sempre di più le persone sulla materia e anche che vi fosse una maggiore ricettività da parte dell’autorità giudiziaria con un maggior numero di magistrati a disposizione. A quanto so, ad esempio, la procura di Modena sta soffrendo di una carenza di organico da diverso tempo, e questo potrebbe avere riflessi negativi anche sul territorio: è vero che il controllo viene operato dalle forze dell’ordine, ma chi decide se passare per esempio da un divieto di avvicinamento al carcere o agli arresti domiciliari è pur sempre un magistrato.