Nessuna limitazione per chi non installerà la app Immuni, per il tracciamento dei contagi, che sarà su base volontaria. Lo ha assicurato ieri il premier Giuseppe Conte riferendo alle Camere. Proprio su questa applicazione, che funzionerà tramite bluetooth, sono stati sollevati molti dubbi in merito alla garanzia della privacy. Ne abbiamo parlato con Michele Colajanni, professore di Unimore specializzato in cyber security.
Professore, innanzitutto le chiedo se questa app, a suo parere, potrà essere utile nella limitazione dei contagi?
No, detto francamente no, se non unita a un piano di analisi e tamponi su larga scala, e no se sarà su base volontaria. La app funziona su una tecnologia bluetooth, che purtroppo presenta grossi limiti. E’ molto vulnerabile anche ad altri e può presentare falsi positivi, nel senso che se io sono a casa mia e dall’altra parte del muro in un altro appartamento c’è una persona contragiata anche io posso risultare a rischio in quanto mi trovo in prossimità di un contagiato.
Il punto fondamentale è la questione della garanzia della privacy. Ci sono molti dubbi in merito…
Sicuramente la privacy viene violata in maniera radicale e questo potrebbe andare se fosse violata per un bene superiore, cioè la limitazione dei contagi. Tuttavia se la app non funziona (anche perché non sarà scaricata da tutti) ecco allora questo mi crea diverse preoccupazioni perché il problema a questo punto non diventa la app stessa ma il lato server: dove finiscono tutti questi dati e soprattutto chi ci può accedere? Sono garantiti? Il fatto di sapere dove si trova qualunque persona e con chi è entrata in contatto su un sistema che non garantisce la sicurezza mi preoccupa moltissimo, come cittadino innanzitutto.
In che modo questa applicazione violerebbe maggiormente la privacy rispetto ad altre applicazioni che chiedono comunque il consenso per geolocalizzazione, fotocamera, microfono?
No, non è più pericolosa di altre applicazioni, nel senso che tantissime app ci chiedono il consenso e noi glielo abbiamo dato perché vogliamo quel servizio e non pensiamo alle conseguenze. In alcuni casi le app vengono sviluppate con un abuso di queste concessioni, tuttavia il problema è nostro perché siamo noi ad accettare.
Il fatto che la sua installazione sia su base volontaria, secondo lei, non la renderà efficace?
E’ la cosiddetta alternativa del diavolo: se rimane su base volontaria non è efficace, se invece non lo rimane dovrà essere assolutamente più garantita e io auspico, come tanti, che ci sia un voto in Parlamento. Non si può rendere obbligatoria un applicazione di questo tipo senza passare da un voto in Parlamento. La volontarietà non dà garanzie e la non volontarietà deve essere molto più garantita a livello istituzionale.
Giada Chiari