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Nazionale Cronaca Coronavirus: "Non si deve tener conto del rapporto numero di tamponi/numero di casi" dice il dott. De Nardin

Coronavirus: "Non si deve tener conto del rapporto numero di tamponi/numero di casi" dice il dott. De Nardin

"Se in matematica 1+1=2, questo non è vero in biologia, dove potrebbe fare 3, 4 o 5"

Lascia un commento | Tempo di lettura 335 secondi Nazionale - 22 Aug 2020 - 17:04

Continua a circolare il virus in Italia: ieri si sono registrati 947 nuovi positivi, 102 in più rispetto a giovedì, nonostante i circa 5mila tamponi in meno. In Emilia Romagna sono stati 82 i nuovi positivi su oltre 10mila tamponi. Ma quello tra numero di tamponi e casi, che in molti continuano a ritenere un rapporto fondamentale per capire l’andamento del virus, in realtà è un dato di cui non si deve tenere conto secondo il dott. Marco De Nardin, medico anestesista rianimatore e divulgatore scientifico del sito www.med4.care. Lo ha intervistato Chiara Tassi.

"Facendo questo conto applichiamo le leggi di matematica newtoniana lineare a fenomeni che non sono, invece, di tipo lineare. Per farle un esempio: se in matematica 1+1=2, questo non è vero in biologia, dove potrebbe fare 3, 4 o 5. Questo significa che non conoscendo il virus a livello biologico potrebbe essere che da un momento all’altro la gravità dei casi possa aumentare perché, ad esempio, si modifica la quantità di carica virale contenuta in esso. Insomma non possiamo studiare questo virus con la matematica – mi passi il termine- banale, perché questo tipo di fenomeno questa matematica non lo può descrivere".

Quindi “numero di tamponi:numero di casi=x%”, la percentuale che ottengo –data la complessità del caso specifico- non è da tenere in considerazione?

Non è da tenere in considerazione. Come essere umani tendiamo a voler semplificare, ma purtroppo ci troviamo davanti ad un fenomeno biologico tuttora per la maggior parte sconosciuto: la scienza che sta studiando il Covid19 è molto giovane per conoscere come questo virus possa comportarsi a livello di dinamiche di popolazione. Si tratta di qualcosa che è –scientificamente- ancora totalmente ignoto. Per questo vedere casi che aumentano, e anche casi gravi che aumentano, desta preoccupazione. Chiaramente non ci stiamo strappando i capelli, al momento, ma dobbiamo stare all’erta e non possiamo dire, come più volte ultimamente ho sentito ripetere, che il virus è clinicamente morto. L’espansione c’è e il rischio è che in questo momento la curva torni a diventare geometrica: in 3 giorni abbiamo visto un raddoppio di casi (403 positivi il 18/8 con 53.976 tamponi, 947 positivi il 21/8 con 71.996 tamponi, ndr). Siccome poi i casi che risultano positivi oggi non sono relativi a coloro che si sono ammalati ieri, ma almeno una/due settimane fa, non sappiamo dove arriverà questo picco prima che si riesca ad arginare nuovamente il contagio.

Quindi ad oggi, con le conoscenze che abbiamo, quello che ci dicono i numeri è che il virus continua in Italia ancora a circolare e che potrebbe essere ancora potenzialmente pericoloso?

Si, il virus continua a circolare e questo è evidente dai numeri. Che sia pericoloso lo testimoniano i 17 casi gravi in terapia intensiva che abbiamo attualmente in Lombardia, di cui 5 o 6 di pazienti 50enni.

A Wuhan da giugno si è arrivati a positività zero dopo una massiccia –e costosissima- campagna di tamponi a tappeto sulla popolazione (sono stati esegui in 15 giorni 10 milioni di tamponi per una spesa di 126,58 milioni di dollari). Come si potrebbe arrivare anche in Italia ad una situazione così e quindi sostanzialmente ad aver debellato il virus?

In Italia abbiamo fatto un lockdown molto ferreo all’inizio, poi un po’ perché si vedeva una riduzione dei casi, un po’ per questioni economiche, si è ridotto molto il controllo di questa chiusura, con il risultato che ahimè non siamo mai arrivati a casi zero. Per arrivare a casi zero bisognerebbe identificare ogni singolo positivo e isolarlo in maniera completa. Questo però significa fare scelte estremamente drastiche, che non so se a livello politico il paese adesso sia in grado di affrontare. Significherebbe, ad esempio, che appena un bambino a scuola viene trovato positivo si chiude tutta la scuola. Questo vorrebbe dire chiudere una percentuale importante di scuole in tutta Italia. E significherebbe probabilmente continuare ad avere un problema economico importante. Insomma credo sia necessario prendere una decisione consapevole, a livello di nazione ed di Governo, scegliendo se vogliamo preservare la salute, accogliendo però l’idea che diventiamo tutti più poveri, o se vogliamo mantenere il nostro livello economico e sociale a scapito di un susseguirsi costante di casi e di una certa quantità di morti. Questa è la scelta da fare. Stare, come abbiamo fatto fino ad oggi, nella via di mezzo temo non paghi granché, perché prendendo decisioni una volta in un senso ed una volta nell’altro si rischia di non favorire ne l’una ne l’altra situazione ma di protrarre uno stato di agonia perenne senza avere un obiettivo realmente raggiungibile.

Andiamo verso l’autunno, quando si ripresenterà anche l’influenza. In tanti oggi dicono: i numeri che abbiamo ora per Covid 19 sono quelli che abbiamo ogni anno per l’influenza e non si fa tutto questo chiasso. E’ così?

Si, attualmente è così. Il problema è la capacità esponenziale di questo virus di diffondersi. Ora siamo in estate, le persone stanno all’aperto, indossiamo più o meno tutti la mascherina e stiamo attenti alla distanza sociale. Quando arriverà l’inverno ci saranno due aspetti da considerare: il primo è che le persone entreranno all’interno dei locali ed il virus quindi inizierà ad essere confinato dentro ambienti stretti nei quali la carica virale sarà in aumento. Poi va considerato che le vie aeree durante l’inverno sono meno efficaci nel difendersi dagli agenti patogeni. Le cellule ciliate funzionano meno bene. Insomma ci sono tutta una serie di questioni biologiche per cui in inverno siamo più vulnerabili. Cosa che già sappiamo perché l’influenza ha il su picco in inverno. Questo ci fa pensare quindi che in inverno il Covid farà più danni e non perché sia più aggressivo il virus o perché d’estate venga colpito dai raggi solari – le assicuro che ne ho sentite di ogni genere, sul virus, in questi mesi- ma semplicemente perché noi siamo più suscettibili.

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