Crescono la stanchezza e lo sconforto di fronte a questa prevedibile seconda ondata ed è forte la preoccupazione della Medicina Interna, impegnata in prima linea dall’inizio della pandemia. A fare il punto, nell’intervista di Giada Chiari, è il prof. Antonello Pietrangelo, Presidente della Società Italiana Medicina Interna e Direttore di Medicina Interna al Policlinico di Modena che ha scritto una lettera al Ministro della salute Speranza esortando le istituzioni ad arginare al più presto il sovraffollamento di alcuni ospedali.
Professore ha espresso preoccupazione soprattutto per i reparti che si trovano in prima linea nella gestione di questa emergenza, e ha scritto una lettera al ministro, è così?
“Sì, certo. Ho scritto questa lettera a nome della mia società nazionale, ed è una lettera che ha diciamo un respiro nazionale. Ho ricordato agli organi competenti che in questa fase c’è una novità rispetto all’altra: alle soglie dell’inverno sta crescendo una curva di pazienti fragili e con patologie, come tutti gli anni, non covid. Quindi, il problema a livello nazionale è che stiamo gestendo, a differenza dell’altra ondata, due curve di pazienti che arrivano quasi a crescere parallelamente. La mia esortazione al ministro e a tutti gli organismi nazionali era quello di riflettere sul fatto che abbiamo bisogno di letti, di medicina interna, ma soprattutto di professionisti medici e infermieri che siano in grado di gestire questa tipologia di pazienti (covid o non)”.
In alcune regioni, e in alcune città si parla di ospedali vicini al collasso; a Modena come siamo messi?
“A Modena siamo messi benissimo, siamo così perché l’avevamo previsto questo già da tempo e quindi ci eravamo preparati alle due curve. E quindi, abbiamo sia la disponibilità di letti, che professionisti per gestire i pazienti. Nel campo della medicina interna abbiamo anche sia reparti per pazienti covid che per quelli non covid. Stiamo gestendo ambedue queste curve in modo assolutamente tranquillo e razionale. Sono molto ottimista su questo! Chiaramente il futuro è davanti a noi e non sappiamo cosa ci aspetta, ma sono relativamente fiducioso”.
Che parole usa con i medici che lavorano con lei e con la sua equipe in generale? C’è preoccupazione fra i medici e gli infermieri?
“I medici e gli infermieri sono gli eroi di questa situazione, ma non è solo una parola buttata lì! Loro sono stanchi come tutti i professionisti che hanno lavorato così duramente nei tre mesi prima dell’estate. Oggi sono sempre lì in prima linea. Stiamo avendo la possibilità di integrare il personale con altri giovani medici, con specializzandi e questo ci sta dando respiro. Chiaramente, vediamo qual è la direzione che prende questa curva nei prossimi mesi, ma loro sono sul pezzo come si suol dire. Sono straordinari”.
I pazienti che vede arrivare sono anche giovani, l’età si è un po’ abbassata rispetto a marzo ed aprile?
“Sì, l’età si è abbassata anche ahimè in terapia intensiva. Però sono pazienti che riusciamo a gestire perché abbiamo imparato molto sui farmaci e su questa patologia molto insidiosa, che ha sempre cercato di sorprenderci. Questa volta abbiamo tante arme che conosciamo e sappiamo cosa ci aspetta”.