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Partorire col COVID, il percorso degli ospedali della Provincia di Modena

Nella seconda ondata il 15% dei parti al Policlinico è stato da mamme positive

Lascia un commento | Tempo di lettura 382 secondi Modena - 28 Dec 2020 - 15:46

Sono 33 i parti da mamme COVID19 positive avvenuti al Policlinico di Modena, centro HUB per il percorso, dall’inizio della seconda ondata, il 15% dei parti effettuati a Modena a novembre. Fondamentale anche il ruolo dei centri spoke di Carpi, Mirandola e Sassuolo, dove sono stati istituiti percorsi ad hoc a vantaggio delle donne Covid positive in fase di gravidanza o nel puerperio, che garantiscono l’assistenza in caso di mancata ricettività dell’hub o per parti imminenti. Senza dimenticare il prezioso lavoro svolto dalla rete dei consultori, di concerto con le unità operative, nel seguire le donne Covid positive in gravidanza con interventi a domicilio con i Medici di famiglia e le USCA.

 

“In accordo col territorio – ha spiegato il prof. Fabio Facchinetti, Direttore dell’Ostetricia e Ginecologia del Policlinico – come avviene per tutte le gravidanze difficili abbiamo centralizzato su Modena anche quelle di mamme positive. Rispetto alla prima ondata abbiamo avuto un significativo aumento dei parti da madri positive al COVID: allora c’erano stati solo 3 parti e abbiamo ospitato 3 puerpere che avevano partorito in un altro ospedale ed erano state centralizzate. A novembre abbiamo invece assistito 33 parti di mamme positive su 220. Il 15% dei nostri parti è stato quindi da mamme positive. A queste si aggiungono 5 mamme che erano positive durante la gravidanza e poi si sono negativizzate. Sin da marzo abbiamo attivato una degenza dedicata al Covid19, un ambulatorio, una sala parto, e una sala operatoria dedicati. Rispetto alla prima ondata siamo riusciti ad assicurare e il rooming-in per consentire il contatto mamma-bambino. Questo risultato è stato ottenuto grazie alla professionalità di tutto il personale, medici e ostetriche. Ci riempie di orgoglio il fatto di non aver avuto sin ora nessun contagio tra il personale a fronte di questi numeri importanti. Benché iniziali dati cinesi fossero poco chiari, siamo riusciti a mantenere il parto nella sua fisiologia e il numero di cesarei non diverso dagli altri anni, anche nel resto della Regione e questo lo abbiamo pubblicato su una rivista americana per dimostrare che il percorso nascita ha funzionato anche in epoca COVID. Come è noto solo la parto-analgesia al momento è sospesa perché gli anestesisti sono ancora molto impegnati nella gestione delle Terapie Intensive.”

 

Quando una mamma COVID positiva sta per partorire – ha aggiunto il prof. Alberto Berardi, Direttore della Neonatologia – veniamo avvisati in modo da poter entrare in sala parto con le dovute precauzioni. Il neonato pretermine o che necessiti di supporti ventilatori rimane 48 ore in una stanza isolata della Neonatologia in attesa dell’esito del tampone. Se negativo viene messo con gli altri neonati, altrimenti rimane in isolamento sino alla negativizzazione. Quando è in buone condizioni, se la madre è asintomatica e quindi è grado di assisterlo, lo trasferiamo in reparto con la madre”. Uno degli aspetti più importanti nei primi giorni di vita del neonato, soprattutto se prematuro, è il rapporto con la mamma, “Nelle prime fasi dell’epidemia, le indicazioni che venivano dai colleghi cinesi erano quelle di tenere separati mamma e bambino per evitare contagio del piccolo. La Società Italiana di neonatologia è stata tra le prime ad applicare un protocollo diverso, che salvaguarda la diade mamma-bambino e, soprattutto, l’allattamento al seno – ha aggiunto Berardi – perché la letteratura dimostra come il latte materno sia un vero medicinale per il bambino, capace di proteggerlo da diverse infezioni; Il latte materno è una fonte di trasmissione davvero rara (anzi tuttora si discute il suo potenziale ruolo) e in generale i sintomi dei neonati che pur possono contrarre il virus, essendo accuditi dalle loro madri sono, nella stragrande maggioranza dei casi, lievi. L’impostazione italiana, condivisa da altri paesi europei, è stata successivamente fatta propria anche dai colleghi americani”

 

A rinforzare la consapevolezza del ruolo del latte materno nella protezione del neonato, ha contribuito proprio uno studio della Neonatologia Modenesepubblicato sulla rivista Pediatrics (organo ufficiale della American Academy of Pediatrics), relativo al caso di un neonato pretermine che, durante la prima ondata, ha ricevuto involontariamente per alcuni giorni latte della propria madre, (scoperta positiva dopo il parto). “Nonostante la dimostrazione che il virus fosse presente nel latte materno, il bambino non si è ammalato. È quindi possibile che il latte, come avviene già per altre infezioni, oltre a poter contenere il virus, abbia in realtà un valore protettivo, attraverso le molte sostanze difensive in esso contenute. Questa possibilità andrà verificata con studi su un campione maggiore di neonati” ha concluso il prof. Berardi.

 

Anche per i parti COVID – spiega la dottoressa Maria Cristina Galassi, Direttore del Dipartimento Materno-Infantile dell’Azienda USL – la rete provinciale è organizzata secondo il sistema hub e spoke, dove il Policlinico di Modena, sede della Terapia Intensiva Neonatale e dell’Ostetricia di terzo livello è la struttura dove vengono centralizzati tutte le gravidanze a gestione particolarmente complessa, compresi quelli da mamme COVID positive. La rete spoke degli ospedali della Provincia supporta il Policlinico per i parti a termine di mamme COVID qualora sia necessario per assicurare i posti ai casi più difficili, per mancata ricettività del centro hub o in caso di parti non differibili. È successo a Carpi e a Sassuolo, mentre a Mirandola le gravide Covid positive vengono centralizzate verso l’hub o, in mancanza di ricettività di quest’ultimo, a Carpi”. 

 

Una volta dimesso, se il neonato manifesta dei sintomi, interviene l’USCA Pediatrica, attivata grazie alla collaborazione tra gli specializzandi della Pediatria del Policlinico, Diretta dal prof. Lorenzo Iughetti e i medici USCA afferenti al Dipartimento di Cure Primarie dell’Azienda USL, diretto dalla dottoressa Anna Franzelli. “L'idea nasce – conclude il prof. Lorenzo Iughetti - dall'esigenza di garantire un'assistenza specialistica ai bimbi covid-positivi o nati da madre positiva, e più in generale di quei minori sotto i sei anni con link epidemiologico per covid-19, vale a dire che sono stati contatti di caso o che all'interno delle mura domestiche convivono con casi di positivitàSono i nostri specializzandi ad andare fisicamente a casa delle famiglie. In caso di sintomi gravi, infine, è previsto un percorso ad hoc per l'invio protetto presso l’Accettazione Pediatrica del Policlinico di Modena”.

 

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