Un insieme di concause che vanno dall’eccezionale volume di acqua accumulata in un breve periodo, alla vecchiaia dell’argine, dalle tane degli animali fossori all’utilizzo di materiali ”poveri” per la costruzione degli argini stessi. Queste le principali cause della rottura dell’argine del Panaro e della conseguente alluvione del modenese per il pool di esperti incaricato dalla Regione di far luce su quanto accaduto a dicembre. “Si tratta di conclusioni scontate” dicono i cittadini.
“Quando si parla di vecchie tane coperte da arbusti si parla di un problema su cui l’Aipo deve dar conto. - dice Paolo del Comitato cittadini alluvione Nonantola intervistato da Chiara Tassi- Quando si dice che quegli argini sono obsoleti, si dice qualcosa su cui Aipo e Regione devono dar conto. Si tratta di questioni risapute: quel tratto del fiume già nel 2014 era stato interessato da problemi e già si dovevano fare dei lavori che sarebbero dovuti iniziare a giugno 2020. I lavori non sono iniziati e non si è capito che cosa è successo".
"Come perizia - continua Paolo- è quello che ci aspettavamo, ne più ne meno. Ed è quello che andiamo dicendo da un sacco di tempo: gli argini si rompono perché ci sono delle responsabilità. E noi chiameremo in causa i responsabili attraverso azioni legali che stiamo mettendo in essere come comitato; chiederemo ragione perché queste emergenze non si verifichino più. Basta emergenze, per quanto ci riguarda.
Per quanto riguarda i rimborsi, come sta andando?
Se siamo fortunati tra l’estate e quest’autunno qualcosa riusciremo a vedere. Il tema è capire che cosa rimborseranno, se sarà al 100% o meno. Di conseguenza poi ci saranno le azioni legali delle singole famiglie, fermo restando che come comitato ci muoveremo anche per una class action.