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Variante inglese, nessun allarme per bimbi e ragazzi

Sono pochi i casi di bimbi e ragazzi che presentano quadri clinici gravi

Lascia un commento | Tempo di lettura 205 secondi Modena - 05 Mar 2021 - 12:49

Sono pochi i casi di bimbi e ragazzi che presentano quadri clinici gravi ma, evidentemente, con l’arrivo nel nostro Paese della variante inglese qualcosa è indubbiamente cambiato: i giovani si ammalano più di prima, ma con quali conseguenze? Lo abbiamo chiesto al professor Lorenzo Iughetti, direttore di Struttura Pediatrica del Policlinico di Modena.

 

Una bimba di 11 anni, non affetta da patologie pregresse, è stata ricoverata in rianimazione all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna dove è stata intubata a causa dell’infezione da Covid-19. 

Una 14enne di Grosseto, risultata positiva al coronavirus, è stata ricoverata in condizioni critiche nel reparto di terapia intensiva del Meyer di Firenze.

Sono pochi i casi di bimbi e ragazzi che presentano quadri clinici gravi ma, evidentemente, con l’arrivo nel nostro Paese della variante inglese qualcosa è indubbiamente cambiato: i giovani si ammalano più di prima, ma con quali conseguenze? “Il numero di bambini infettati che presentano sintomatologia è certamente in aumento - spiega il professor Lorenzo Iughetti, direttore di Struttura Pediatrica del Policlinico di Modena - ma i quadri clinici generalmente sono di lieve entità e tali da non necessitare, nella stragrande maggioranza dei casi, di ospedalizzazione”. I casi gravi come quelli di Bologna e Firenze sono eccezioni, “numeri che non devono preoccupare - prosegue il professore - poiché anche se ogni singolo caso è importante il dato rassicurante è che nei soggetti giovani, il Covid ha una minore aggressività”.

A destare qualche preoccupazione è invece la forte contagiosità della variante inglese, ormai predominante nel nostro territorio: “quello della trasmissibilità è certamente il dato che può preoccupare maggiormente non tanto per i bambini che hanno forme lievi quanto perché questi possono poi infettare gli adulti. Nella prima ondata era emersa una apparente minore infezione a carico dei bambini e una capacità relativa da parte dei più giovani di trasferire il virus agli adulti, oggi le cose paiono però essere in via di cambiamento. I bimbi si infettano di più e non sappiamo ancora se siano loro a riportare nei nuclei famigliari l’infezione”. 

Sulla chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, il professor Lorenzo Iughetti è laconico: “costituisce un grave danno per la salute mentale e psichica dei nostri bambini ma era una scelta inevitabile per preservare la salute della popolazione. Anche se, è doveroso ricordare che i rischi non si corrono tra i banchi di scuola dove la sorveglianza è massima e le regole vengono rispettate con rigore, bensì fuori dove il controllo è pressoché inesistente. La situazione è veramente problematica e per cercare di contenerla le difficoltà subite dai bambini sono da mettere in conto”. 

Sul fronte vaccini il direttore di Struttura Pediatrica del Policlinico di Modena è cauto: “i vaccini per l’età pediatrica sono già in fase di studio. Il problema come sempre è quello di avere le necessarie garanzie di efficacia e sicurezza, per questo la sperimentazione sul bambino avviene solo quando è stata conclusa quella sull’adulto. In questo caso specifico la valutazione da fare riguarderà il rapporto effetti - benefici del vaccino: di certo ci sono categorie di bimbi che hanno la necessità di essere vaccinati, penso a quelli con immunodeficienze gravi, gli oncologici o a quelli affetti da malattie croniche… piccoli per cui una patologia come il Covid può essere mortale. Per quanto riguarda gli altri, se sarà davvero utile vaccinarli, lo valuteremo quando avremo a disposizione il vaccino”.

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