Con la manovra 2020 è stato introdotto infatti un giro di vite che escluderà circa 1 partita iva su 4 dalla possibilità di accedere al regime agevolato, la cosiddetta flat tax.
“C’è stato un irrigidimento dei criteri per essere ammessi al regime forfettario – conferma il commercialista modenese Giorgio Guandalini intervistato da Chiara Tassi - tanto che secondo i conteggi dell’Associazione Nazionale Commercialisti, pare che una partita iva su 4 venga esclusa. La flat tax per chi non supera i 65mila euro di fatturato rimane, ma con dei paletti. Per accedervi, ora, non bisogna in primo luogo avere dipendenti che costino più di 20mila euro l’anno, mentre non cambia nulla per chi non ha collaboratori. Secondo paletto: niente regime forfettario per chi nel 2019 ha guadagnato più di 30mila euro come lavoratore dipendente o pensionato. Stiamo parlando, quindi, di chi ha un doppio lavoro. Molti che avevano questi ricavi bassi infatti non erano partite iva povere, ma persone che magari -pensiamo al professore universitario che fa anche l’avvocato- svolgevano alla mattina una professione e nel pomeriggio facevano altro. A queste persone conveniva sicuramente aprirsi la partita Iva, con il regime agevolato. Ora temiamo che questi nuovi paletti creino delle sacche di evasione maggiori.
Praticamente persone che, non trovando più conveniente aprire la partita iva perché non possono più usufruire della flat tax, iniziano a lavorare in nero?
Si. Chi per esempio faceva il tecnico disegnatore in un’azienda meccanica e al pomeriggio “arrotondava” con qualche lavoretto per altre ditte, aveva aperto una partita iva pagando una flat tax ed era a posto. Adesso non vorremmo che quei lavoretti diventassero troppo personali.