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Modena Economia Dalla moda alle mascherine: che la riconversione abbia inizio

Dalla moda alle mascherine: che la riconversione abbia inizio

Da Carpi Fashion System un bando da 50.000 euro per aiutare le aziende tessili a far fronte ai costi dei test di laboratorio necessari per ottenere la certificazione e poter poi avviare la produzione di mascherine e dispositivi di protezione individuale (DPI) legati all’emergenza COVID-19.

Lascia un commento | Tempo di lettura 234 secondi Modena - 15 Apr 2020 - 16:38

"Sin dall’inizio dell’emergenza, - spiega l’assessore alle attività produttive, Stefania Gasparini - Carpi Fashion System si è messo in moto relativamente al tema di una eventuale riconversione di alcune parti della filiera tessile affinché la nostra città potesse diventare una sorta di polo produttivo di dispositivi di protezione individuali tessili. Oggi il primo tassello di questo percorso è stato posto: la Giunta ha infatti approvato un bando di finanziamento diretto a tutte le imprese del settore che si stanno riconvertendo - o abbiano intenzione di farlo - attraverso le modalità individuate dal Cura Italia. Il Decreto, infatti, obbliga gli imprenditori a sottoporsi a un iter preciso al fine di ottenere una imprenscindibile certificazione dei dispositivi prodotti da parte dell’Inail o dell’Istituto superiore di sanità”. Lo stanziamento di 50mila euro - risorse messe a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi e già previste tra i finanziamenti pro Carpi Fashion System - si rivolge alle aziende tessili con “sede in Provincia di Modena che devono sobbarcarsi l’onere economico dei test di laboratorio necessari per ottenere la certificazione. Perchè, lo ricordo - ribadisce l’assessore Gasparini - non bastano una pezza di cotone e due elastici per fare una mascherina. Carpi Fashion System ha deciso di puntare e sostenere coloro che produrranno materiale certificato e riutilizzabile anche per impattare il meno possibile sull’ambiente, nel pieno rispetto della normative. Dispositivi qualificati e non di bassa qualità di cui, anche futuribilmente, la cittadinanza continuerà ad aver bisogno.

Considerata l’attuale mancanza di liquidità delle aziende, abbiamo voluto destinare questa cifra per sovvenzionare le spese collegate ai test. Il finanziamento, di massimo 7mila euro a beneficiario, verrà poi liquidato una volta ottenuta la certificazione. Siamo i primi a livello nazionale a mettere in campo un’azione di questo tipo, segnale concreto di quanto sta facendo il territorio per il territorio stesso. Una circolarità virtuosa che parte dalla ricerca dei bisogni per poi tentare di mettere in piedi le risposte più adeguate”.

Una produzione frutto di quella ricerca di base qualificata sulla quale la Fondazione Crc crede e investe, “perché può rappresentare uno strumento di rilancio e sviluppo per la nostra città”, ha sottolineato il presidente Corrado Faglioni. Una strada, quella della riconversione, ha concluso, “che può delineare orizzonti più sereni per il distretto tessile carpigiano”.

Sono già due o tre le aziende per le quali i test sono in corso poiché la riconversione, non solo “rappresenta il contributo del tessuto imprenditoriale locale per il bene dell’intera collettività”, spiega Tania Lugli di Confindustria Emilia, ma anche “un modo per tenere acceso il motore del comparto”, aggiunge Roberto Guaitoli di Lapam Moda. L’obiettivo? “Salvaguardare la filiera perché dopo l’emergenza nulla sarà più come prima e se questa riconversione non sarà usa e getta ma strutturale - commenta il presidente di Cna Federmoda, Marco Gasparini - si potranno aprire nuove opportunità. Oggi, grazie a un bel lavoro di squadra, tutt’altro che scontato, questo territorio è pronto a fare mascherine chirurgiche”.

Il Cura Italia consente tale produzione fino all’attuale termine dello stato di crisi, ovvero il 31 di luglio, ma “credo sarà indispensabile avviare un’azione di pressione rispetto al Governo affinché almeno parte di tale attività possa proseguire. La produzione di questi dispositivi medici, dalle mascherine chirurgiche a quelle con standard qualitativi ancor più elevati, deve restare nel nostro Paese. Non possiamo più permetterci alcuna carenza o lentezza nell’approvvigionamento. E’ giusto che gli investimenti degli imprenditori siano di lungo periodo anche perché, non dimentichiamolo, per ogni azienda certificata vi sono almeno tre o quattro contoterzisti che, a cascata, lavorano”.

Jessica Bianchi 

 

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