Sono almeno 200 le attività del settore moda in cerisi e a rischio chiusura, con conseguente perdita di almeno 500 posti di lavoro. Crollo dei fatturati ed oltre 40 milioni di rimanenze di magazzino che diventeranno invendibili. Questo, in sintesi, il quadro drammatico del comparto modenese dei negozi di abbigliamento fotografato da Confcommercio Modena
Tanti però i negozi che in questo momento possono vendere solo alcuni prodotti, mentre per gli altri si deve procedere con le spedizioni, rendendo ancora più complicato il lavoro. “I negozi devono riaprire tutti” dice Tommaso Leone, presidente provinciale di Confcommercio, intervistato da Chiara Tassi:
“Siamo veramente al paradosso. Riteniamo che dal punto di vista sanitario, pur non volendoci surrogare ai tecnici, entrare in un negozio da bambino, in un negozio di abbigliamento da adulto, in un supermercato o in una profumeria, rispettando i protocolli sia sicuro, quindi riapriamo questi negozi, non ci sono pericoli oggettivi se si rispettano le regole”.
Alcuni ristoratori in questi mesi hanno scelto di cambiare il proprio codice Ateco passando da ristorante a mensa in modo da poter tenere aperto i proprio locali. E’ così facile passare da un codice Ateco all’altro?
E’ un tentativo un po’ disperato, non è che un ristorante si è riconvertito a mensa chiunque passi per la strada può entrare nel tuo locale e consumare un pasto completo come prima. Come i dettaglianti si sono organizzati per sopravvivere in questo momento, se qualcuno ha la possibilità e l’opportunità, magari la sua attività è di fianco a una zona piena di fabbriche perché no, val la pena farlo in questi mesi, speriamo ancora pochi, che ci separano da un ritorno alla normalità”.