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Modena Salute Nuova terapia cellulare per pazienti Covid, i primi in Italia

Nuova terapia cellulare per pazienti Covid, i primi in Italia

Al Policlinico di Modena presentato il nuovo studio nazionale per trattare i pazienti positivi

Lascia un commento | Tempo di lettura 248 secondi Modena - 26 Jan 2021 - 11:49

All’azienda ospedaliero universitaria di Modena partirà tra pochi giorni lo studio nazionale di terapia cellulare per trattare i pazienti Covid. Il primo in Italia che utilizza un tipo di cellule staminali in sperimentazione clinica per pazienti affetti da SARS-CoV-2 e il primo al mondo che confronta fonti diverse di provenienza delle cellule nell’ambito di un’unica sperimentazione controllata. Coinvolti in questo progetto altri sei centri italiani tra Lombardia, Veneto e Toscana. Dalla regione Emilia-Romagna il cofinanziamento è di 300mila euro.

“Oggi presentiamo per la prima volta al pubblico uno studio clinico di terapie cellulari per la sindrome da Coronavirus - spiega Massimo Dominici, Direttore della Struttura Complesso di Oncologia dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e professore all'Università di Modena e Reggio Emilia - in particolare per le complicanze polmonari. Le cellule in questione, chiamate “stromali mesenchimali” (mesenchymal stem cell, MSC), sono un tipo di cellule staminali anche in grado di produrre fattori antinfiammatori che sembrano contrastare il meccanismo alla base del danno d’organo indotto dal virus. Vorrei sottolineare che stiamo presentando uno studio di questo tipo per la prima volta al mondo, nato durante quella che ormai chiamiamo prima ondata. Un gruppo di persone che lavoravano insieme su progetti vari di terapie cellulari, di fronte a un’emergenza del genere ha sentito il dovere di provare a fare qualcosa con quello che sapeva fare. Ovvero, sviluppare prodotti a base di cellule mettendo insieme 5 strutture per proporre un unico protocollo clinico con caratteristiche predefinite per quanto riguarda il paziente. Con un’unicità legata al fatto che potremo confrontare tipi diversi di cellule all’interno della sperimentazione clinica controllata. Tutto questo è possibile grazie ovviamente all’autorizzazione che abbiamo avuto dall’AIFA e dall’Istituto Superiore di sanità che hanno guardato il nostro protocollo con grande attenzione. Sono grato a loro perché ci hanno dato spunti importanti per arrivare ad oggi. Ovviamente la mia soddisfazione sarà tale quando cominceremo a trattare i primi pazienti e riusciremo ad avere i risultati.

Come funzionerà la sperimentazione?

In particolare, le cellule verranno prese dal tessuto adiposo (il “grasso”) e una volta fuse ci aspettiamo che agiscano come pompieri di fronte a un enorme incendio, per ridurre l’infiammazione. Abbiamo visto che negli Stati Uniti un approccio simile è stato efficace, e un gruppo spagnolo ha dimostrato che è possibile farlo. Nel nostro caso, essendo una sperimentazione clinica, non possiamo dire che le cellule siano create apposta per trattare pazienti con queste determinate problematiche. Però, è un inizio e speriamo possa diventare una cura per molti.

Quanti pazienti coinvolgerà lo studio?

Arruoleremo una 40ina di pazienti e 20 persone per il gruppo di controllo e ci aspettiamo di farlo nei prossimi 6 mesi. È uno sforzo tecnologico che valorizza la ricerca presente in Italia. All’inizio su larga scala sarà difficile utilizzare questo tipo di cura ma ci aspettiamo che la combinazione con la campagna vaccinale possa ridurre grandemente l’incidenza della malattia. Abbiamo comunque bisogno di cure che ad oggi non ci sono. 

“Ad oggi non esiste ancora un trattamento farmacologico efficace per la cura dell’infezione e della polmonite da Covid-19”, precisa Enrico Clini, Direttore della Struttura Complessa di Malattie dell'Apparato Respiratorio dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e professore all’Università di Modena e Reggio. “Nella maggior parte dei casi vengono utilizzati farmaci antivirali, anticoagulanti e/o antinfiammatori approvati dagli enti regolatori a seguito delle evidenze scientifiche, in aggiunta alla terapia di supporto respiratorio. Ma la letteratura ha dimostrato che le MSC possono essere in grado di agire nei confronti della sindrome da distress respiratorio, una delle conseguenze più letali dell’infezione da Sars-CoV-2”.

Gli studi cinesi condotti fino ad oggi e pubblicati nel corso della pandemia su vari pazienti affetti da Covid-19 in condizioni cliniche in rapido peggioramento hanno dimostrato l’assenza di reazioni allergiche, di infezioni secondarie o di eventi avversi legati all’infusione di MSC. Nel giro di pochi giorni è stato osservato un miglioramento dell’ossigenazione, un calo dei livelli di molecole infiammatorie e un miglioramento del quadro clinico e radiologico.

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